domenica 5 aprile 2009

L'ALTALENA


Esco da casa, non sopporto quest’atmosfera pesante che si respira. Non ho una meta precisa, ma ho voglia di distrarmi. Camminare mi ha sempre fatto bene. Lascio che siano i miei piedi e gli occhi a condurmi dove più li spiri. Faccio qualche passo e mi ritrovo subito in una via silenziosa, mi guardo intorno, il vuoto. Lo stesso vuoto che mi sento dentro. Non conosco questa strada e mi va bene così, anche le cose conosciute alcune volte ti deludono, quindi dal nuovo non mi aspetto niente di più di quello che sarà in grado di darmi.

Il marciapiede è tutto rotto e sporco. La strada non sembra neanche asfaltata, c’è della sabbia mista a sassolini, è piena di buche ricoperte d’acqua per la pioggia dei giorni precedenti. Le evito, anche se la voglia sarebbe di passarci dentro con le scarpe. Proseguo dritta davanti a me. Mi sembra di intravedere un parco. Ma dove è sparita la gente … sembra che tutti sappiano che io devo essere lasciata sola quando sono giù. Scavalco una staccionata, perché non ho voglia di scovare l’entrata. L’erba è ancora umida. Faccio dei passi e mi fermo nel mezzo del parco. Giro su me stessa di trecento sessanta gradi ma tutto intorno, parla di abbandono. Intravedo un’altalena che spinta dal vento si muove da sola, scricchiolando. Mi sono sempre piaciute le altalene, e poi in questo momento sembra che stia proprio aspettando me. Lì da sola, a riposo dalle sue funzioni e anche malconcia. A pensarci bene un po’ mi assomiglia. Qui da sola, lontano da tutti e quindi a riposo dalle responsabilità e dalle maschere che indosso durante la giornata. Malconcia anch’io dentro, la parte di me meno visibile. Mi siedo e mi bagno i pantaloni. Inizio a dondolarmi da destra a sinistra, tenendo però i piedi ancora attaccati al terreno. Voglio sentirla dentro di me. Voglio percepire la sua anima e quando finalmente lei si sarà lasciata comandare, prenderò il volo! Metto le mani sulle corde e inizio a spingermi con i piedi. Piano piano, lascio che il vento gelato mi raffreddi la faccia. Accelero sempre di più. Mi accorgo che dal laterale degli occhi mi scendono delle lacrime. Sarà sicuramente il freddo. Mi fermo di botto perché non vedo più niente. Le lacrime mi stanno offuscando tutto e le mie mani non riescono più a tenere le corde dai sussulti che faccio. Piango, non so per quanto. Quando finalmente ritorno in me, mi accorgo che sono più tranquilla, anche se mi sento come un gommone che si è sgonfiato, dopo essere esploso. Anche l’altalena che prima a ogni passaggio del seggiolino indietro cigolava, ha smesso di lamentarsi. Mi do una spinta e riprendo la corsa. A ogni spinta mi sento meglio e l’altalena sotto di me, ubbidisce ai miei ordini. Ormai le nostre anime sono una cosa sola. Io rido come una bambina divertita dalla situazione, e anche lei non piange più, sembra aver trovato la forza di un tempo. Scendo con un salto, mi giro e la guardo. Va avanti a dondolare da sola ancora per alcuni minuti … fino a quando non si ferma. Resto immobile e la osservo. Tutte due abbiamo pianto e abbiamo trovato l’ impulso giusta per andare avanti … io nel mio cammino quotidiano lei nel suo dondolio. Avanti, indietro. Sì la vita è così, tu forse lo sapevi anche prima di me. Non sei tu che ti sei impossessata della mia anima, ma io della tua, tu lo sapevi! Avanti, indietro. Oggi sono andata indietro ma domani tornerò avanti!

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