domenica 5 aprile 2009

CON SE STESSI


Fuori stava nevicando. Mi ero avvicinata alla finestra per vedere ed ero stata costretta a passare una mano sul vetro per togliere l’appannamento che si era formato. Il vetro era freddo e bagnato. In casa il camino scoppiettava allegro, la legna che avevo messo nel pomeriggio bruciava bene e riempiva la stanza di un odore di resina. Guardai il cielo. I fiocchi di neve sembravano galleggiare trasportati dal vento…alcuni sembrava non avessero proprio voglia di arrivare a terra e mi giravano davanti agli occhi. Ci sarà stato già più di mezzo metro sul terreno. Il paesaggio sembrava immacolato, silenzioso, sperso nel tempo, i rumori ovattati. Chissà se sarebbero riusciti a salire alla baita i miei amici il giorno successivo. Girai lo sguardo verso il camino. Che bello che era, tutto in legno con delle panche che ci giravano intorno. Sopra erano appesi dei campanacci, dei corni di cervo e dei rami con vari nodi che avevo trovato l’estate scorsa, mentre andavo a funghi. Sulle panche c’erano già i sacchi a pelo che avevo preparato per gli amici e che avevo messo davanti al fuoco in modo da togliere l’umidità che si era formata dentro in questi mesi di casa chiusa. Avevo anticipato tutti partendo il giorno prima perché dovevo sistemare la baita e portare i primi generi di conforto per il week-end di capodanno. Era iniziato a nevicare, quando ero ancora in paese poi, mentre salivo con la jeep verso la vetta l’intensità era aumentata col passare dei minuti. Arrivata all’ultima curva prima della baita mi ero subito resa conto che entrare in casa sarebbe stato di certo un po’ faticoso. La neve aveva già superato i venti cm e sicuramente avrei dovuto spalare davanti alla porta di legno della baita. Meno male che mio padre sulla jeep aveva sempre il kit di pronto intervento: pale e ascia…male che vada avrei dato un’asciata alla porta di legno e sarei entrata…sì e mio padre me ne avrebbe data una in testa a me dopo! Parcheggiai la jeep nell’ingresso posteriore dove c’era una piccola tettoia che la riparava e cambiatami le scarpe da tennis, che per guidare sono comode anche se avevo i piedi gelati, mi infilai le pedule. Aprii il portellone del bagagliaio che, aprendosi in altezza andò ad urtare contro un pino carico di neve che mi cadde addosso. Mi misi a ridere…ero intenzionata a fare un bel pupazzo di neve dopo, ma non pensavo di certo di farlo con la mia persona! Frugai per cercare una delle pale che ricordavo aver visto a mio padre. Eccola! Ma dove l’aveva presa all’Ikea, era da montare. Mio padre e la mania delle cose che occupano poco spazio! Ogni passo che facevo lasciavo dietro di me un’orma. Beh a pensarci bene io che ho sempre paura a stare da sola poteva essere la mia “salvezza”, la neve. Avrei visto di certo le orme di qualcuno se si fosse avvicinato alla casa. Decisi che sarei tornata alla jeep dopo facendo il percorso inverso, come i gamberi. Spalai il primo mezzo metro davanti alla porta d’ingresso e iniziai così a preparare la base con la neve che avevo accumulato per l’eventuale pupazzo di benvenuto davanti a casa. Finalmente dentro. Ero congelata anche perché i lavori manuali non riesco a farli con i guanti ed allora le mani erano diventate rosse dal freddo. Accesi la luce, il gas aprii l’acqua e decisi che prima di fare una doccia per scaldarmi tanto valeva finire il pupazzo lasciato a metà. Feci allora una palla di neve e come si vede fare da tutti i professionisti…iniziai a farla rotolare per ingrandirla. Peccato che dopo non riuscissi più ad alzarla! Ma che capoccione gli avevo fatto era più grande del corpo… ah ah ah. Lo smussai un poco e riuscii a sollevarlo. Lo appoggiai alla base con tale violenza che a momenti mi si ruppe tutto. Riuscii a ricucire i pezzi. Mi allontanai per guardare le proporzioni, era perfetto. Mancava il tocco finale. La vestizione. Con una pigna gli feci il naso. Dei rami corti di pino li usai per la bocca bella allegra in segno di benvenuto. Trovai per terra dei legnetti che usai per fare le dita delle mani…beh sembrava fossero un po’ rachitiche, ma non stiamo a guardare il particolare. Mancava ancora qualcosa. Sembrava spento, senza vita. Certo gli occhi. Gli feci due buchi con le dita e gli infilai dentro due sassi che avevo spostato con la pala, mentre pulivo l’ingresso. Ecco adesso era perfetto, dovevo solo trovargli un nome appropriato, beh appropriato un nome che mi piacesse, diciamo. Poldo era perfetto. A guardarlo meglio, infatti, assomigliava al personaggio amico di Braccio di Ferro che mangiava gli hamburger…aveva sicuramente la stessa pancia gonfia! Finalmente potevo andare a farmi una bella doccia calda, anche perché se stavo fuori ancora pochi minuti senza guanti potevo dare le mie di mani a Poldo perché si sarebbero staccate da me. Mi tolsi gli scarponcini all’ingresso e li misi vicino alla stufetta e mi infilai gli zoccoli di pelo che mi piacevano tanto. Erano gli unici zoccoli che mettevo solo per il fatto che mi facevano ridere e pensare alle zampe di un fauno, perchè non sono capace di camminare con gli zoccoli, arriccio il piede per paura di perderli ad ogni passo e così alla fine della giornata mi fa male tutta la gamba che è stata in tensione. Andai al piano di sopra dove c’era il bagno facendo un rumore a salire le scale con gli zoccoli insopportabile. Mi fermai a guardare di sotto. Che bella che era questa baita. Tutta in legno intarsiato, foto di animali ovunque accogliente calda, calda di un calore umano, perché arredata di buon gusto da mia mamma che amava la montagna e quindi era piena di ricordi montanari. Un vecchio scarpone trovato in una passeggiata sul monte Scorluzzo in mezzo a trincee ottimamente conservate della Prima Guerra Mondiale, la testa del rastrello che aveva imboscato mia mamma dopo averlo trovato vicino ad una fattoria, perché le piaceva. Ricordo ancora la faccia di mio padre che la guardò come se avesse rubato un lingotto d’oro. Sulle mensole vicino al camino c’era la collezione di boccali di birra presi nei vari viaggi in Germania e Austria, quelli con il tappo di peltro. Da piccola ne avevo rotto una accidentalmente, ero intenzionata a ricomprarne uno simile ma quando mi dissero cosa costava a momenti svenivo. Andai allora da mio padre che mi diede i soldi e rimisi il boccale al suo posto senza dire niente a mia madre. La doccia mi fece bene, avevo ritrovato le energie. Ritornai al piano di sotto, facendo un tale baccano che decisi di camminare a piedi nudi con due paia di calzettoni. Guardai fuori, stava imbrunendo e non smetteva di nevicare. Avevo anche un leggero appetito e mi preparai un panino con speck e formaggio. Svuotai i sacchetti della spesa del week-end e sistemai le vettovaglie negli scaffali: piatti, bicchieri, tovaglioli, posate, tutto era di plastica così nessuno di noi avrebbe lavato e sistemato dopo aver fatto baldoria. Un rumore in casa mi fece andare il cuore in gola. Cosa poteva essere stato! Ero indecisa sul da farsi, andare di là a controllare o restare immobile in cucina senza respirare. Andai a controllare, anche perché se veramente ci fosse stato qualcuno sapeva che in casa c’era gente…anzi io. Era un ciocco di legno che era caduto dal camino…tirai un sospiro di sollievo! Ma chi me lo aveva fatto fare di venire su da sola in baita a sistemare, io che non sopportavo la solitudine e paurosa come sono. Mi sedetti vicino al camino e sistemai la legna. C’era troppo silenzio per i miei gusti. Accesi della musica a volume basso per creare un piacevole sottofondo e per rilassarmi un po’. Rimasi seduta a guardare il fuoco. Sembrava che le fiamme volessero trovare una propria strada per liberarsi, l’una dall’altra, giocavano ad allontanarsi e subito dopo si riunivano in una grande lingua. I colori cambiavano dal rosso, blu, bianco, arancio, a secondo della prospettiva da cui lo osservavo. Mi assopii. Quando mi svegliai mi resi conto che fuori ormai era buio, e mi avvicinai alla finestra per controllare che tempo c’era. La mia prima giornata da sola stava per terminare. Silenzio e neve ovunque guardassi. Poldo ormai era diventato il doppio di come lo avevo lasciato dalla neve che gli era caduta su. Se fosse continuato a nevicare tutta la notte, l’indomani avrei trovato un gigante al suo posto. Mi asciugai la mano che si era bagnata nel pulire il vetro e rimasi ad osservare il paesaggio che mi si parava davanti. I rami dei pini erano piegati per il troppo carico di neve che dovevano sopportare. Le mie impronte fatte nel pomeriggio non si vedevano quasi più, ormai erano state riempite dalla nuova neve caduta. Le luci della seggiovia che arrivava a qualche centinaio di metri dalla baita creavano delle ombre strane intorno…o era la mia mente che le creava strane per la mia solita paura! Chiusi le imposte per sentirmi più sicura e mi diressi verso la cucina, decisa a prepararmi una camomilla. Forse era il caso di correggerla con qualcosa di forte così sarei riuscita a riposare meglio ed a non pensare, mi dissi! La legna del camino ormai era ridotta a brace, ancora poco e si sarebbe spento definitivamente ed io sarei potuta andare a letto dentro al mio sacco a pelo mummia, quello che usava mio padre nel periodo del militare nei campi invernali ad Asiago. Ti infilavi dentro chiudevi la lampo tiravi sul il cappuccio ed eri intrappolato per sempre…se dovevi girarti nel letto, lo dovevi fare insieme al sacco facendo un pel salto! Mi spogliai alla velocità della luce, perché la stanza non era così riscaldata come il piano sotto che col camino aveva raggiunto una notevole temperatura, mi infilai un bel pigiama pesante …molto sexy… pensai e mi infilai nel sacco. Rimasi in ascolto del silenzio. Se uno è paranoico come me, i rumori spaventano ma il troppo silenzio terrorizza! Ecco un rumore, uno scricchiolio, un ticchettio…la casa è di legno, saranno di certo i rumori di assestamento. Calmati, pensa a quanto è bello essere qui fuori dalla confusione della città. I tuoi amici sono ancora al lavoro e tu sei già in vacanza. Fuori nevica, tu adori la neve. Poldo sta sorvegliando l’ingresso e sicuramente farà funzione di spaventapasseri o spaventa persone…Chi vuoi che si muova per i monti con una tormenta di neve. Sì, brava tutte cose logiche ma la logica non calma la mia mente. Accendo la luce per vedere se ho chiuso la porta della camera, ma non contenta decido di chiuderla anche a chiave. No, devo riaprire la mummia! Va beh mi alzo e saltello fino a li…tanto sono quattro passi. I miei salti fanno tremare il pavimento, se qualcuno mi vedesse ora mi prenderebbe sicuramente per matta. In quattro balzi “delicati” arrivo alla porta, abbasso velocemente la cerniera, tiro fuori la mano e chiudo la serratura. Quattro balzi e sono di nuovo sul letto. Sono tutta sudata dalla fatica così apro un po’ la chiusura del sacco. Devo cercare di rilassarmi, più che altro devo cercare di far in modo che le mie paure non prendano il sopravvento. Mi sdraio e respiro profondamente penso alla neve che soffice cade fuori e la vedo sempre più lontana e la sento sempre meno fredda e…finalmente mi addormento. La mattina mi sveglio presto e con piacere mi accorgo che ho riposato. Apro le imposte e noto che ha smesso di nevicare ma sicuramente lo ha fatto da poco perché tutto è coperto di bianco. Il povero Poldo è irriconoscibile…altro che dare il benvenuto, così conciato li fa scappare tutti i miei ospiti. Mi infilo una tuta di pile e scendo a farmi un caffè. Decido di riaccendere il fuoco prima di uscire così la temperatura si rialza e stasera quando arriveranno i miei amici non avranno freddo. Mi affaccio alla porta e sorrido al pupazzo. Povero, che brutta cera che hai. Il naso è crollato a terra e le dita delle mani sembrano dei salsicciotti da quanta neve hanno su. Mi infilo le pedule ed esco. Guardo il cielo è azzurro ed il sole è ancora dietro la montagna. Ormai non dovrebbe più nevicare, così riprendo la pala e pulisco di nuovo l’entrata e già che ci sono faccio anche tutto il vialetto d’ingresso, così almeno è più semplice camminare. Il sole sbuca da dietro il monte ed illumina la casa. Il paesaggio è splendido, la neve brilla toccata dai raggi solari. Mi bruciano gli occhi da quanto bianco c’è intorno. Corro dentro a prendere la macchina fotografica e inizio a scattare tutto ciò che mi piace e mi crea emozione: il pino pieno di neve, Poldo in condizioni disastrose che sembra un viandante in cerca di un posto caldo dove passare la notte, le nuvole che disegnano figure varie in cielo e dei corvi che zampettano sulla neve in cerca di qualcosa da mangiare. Decido di farmi anche un autoscatto. Posiziono la macchina sul muretto, pigio e corro in mezzo alla neve ridendo da sola. Mi sono sempre divertiti gli autoscatti, penso siano le foto più belle e sincere. La mattina passa veloce perché tra rifare il trucco al pupazzo, spalare e fotografare il tempo vola. Mancano poche ore e la quiete della montagna sarà squarciata dall’arrivo degli amici. Mamma che fame che mi è venuta! Chissà perché la montagna a me fa sempre venire fame. Devo restare leggera poi stasera pasticceremo e berremo di certo, così decido che un bel piatto di bresaola fa al caso mio. Poi non so come mai finiscono sopra anche un po’ di rucola, grana a scaglie e dei funghetti sott’olio. Ma sì, è più buono così. E adesso cosa faccio fino a stasera, ho già messo in ordine, pulito, acceso il camino e preparato il giaciglio per tutti. In lontananza si sente il vociare degli sciatori. E’ da una decina di anni che non metto su un paio di sci, mi piacerebbe riprendere ma considerato che l’ultima volta ho fatto un bel trauma cranico perché sono una incosciente….forse è meglio darsi allo sci di fondo o ad una bella ciaspolata. A proposito di ciaspole, le ho dietro in macchina, adesso le metto e vado a fare un giretto fino alle piste da sci. Mi cambio al volo e mi infilo l’attrezzatura. Mi porto dietro anche uno zaino con acqua, cioccolato…non si sa mai un calo di zuccheri e la mia immancabile macchina fotografica. Racchette nelle mani, zaino in spalla e op op …parto in salita. Cento metri e sono già con la lingua che arriva ai piedi. Meno male che vado sempre in palestra a tenermi in allenamento!!! Proseguo più lentamente così mi godo il paesaggio in mezzo al bosco. I cespugli che d’estate sono piene di mirtilli non sono neanche distinguibili dalla neve che hanno sopra. Il sentiero che di solito faccio quasi ad occhi chiusi, non lo riconosco più…ho perso tutti i miei punti di riferimento con tutto questo bianco. Ci sono un sacco di orme sulla neve da quelle di qualche volatile a quelle di animale che non conosco: cervi, daini, stambecchi…per me hanno tutti gli stessi zoccoli. Il sole crea una bellissima luce filtrando nel bosco e così mi fermo a fotografare. E già che ci sono mi mangio un pezzetto di cioccolato per riprendermi dalla fatica. Arrivo sul pianoro dove si vedono le piste e visto che sono in pieno sole e la neve è battuta mi siedo per terra e mi metto a prendere un po’ di sole. Mi sistemo lo zaino dietro la testa e mi sdraio così sono più comoda e…mi assopisco. Che freddo che c’è! Mi sveglia il freddo, il sole sta sparendo dietro la montagna e la luce tutto intorno è cambiata. Prima di rimettermi in marcia per il ritorno scatto ancora un paio di foto…di cui una, un altro autoscatto per testimoniare la mia scampagnata. La discesa è più veloce e leggera. In mezzora sono all’imbocco del vialetto di casa. Ho giusto il tempo di farmi una doccia calda e rimettere su qualche ciocco di legno prima dell’arrivo dei festanti. Mollo tutto all’entrata e mi sbatto sotto la doccia. Ah che bella calda…mi lascio cadere il getto dietro le spalle e sulla testa. Non so quanto tempo resto sotto…ecco non avrò mica fatto fuori tutta l’acqua della caldaia…cavolo! Mi asciugo velocemente perché mi rendo conto che è già tardi e tra poco non sarò più sola. Se devo essere onesta un po’ mi dispiace avevo trovato la mia anima solitaria in queste poche ore, da un lato sono contenta perché stanotte avrò compagnia. Mi vesto un po’ più elegante di come ero precedentemente, in fin dei conti sono sempre la padrona di casa, devo avere un bell’aspetto. Guardo fuori e mi rendo conto che ormai sta diventando buio ma è così sereno e la neve così bianca che sembra ancora più chiaro di quanto sia, il cielo. Sento in lontananza dei rumori di macchina…si stanno avvicinando, eccoli sono a pochi metri li vedo sbucare dall’ultima curva, i fari mi illuminano. Gli corro incontro, mi vedono e iniziano a suonare il clacson in segno di saluto. Ecco è finita la quiete! Li faccio entrare con le jeep davanti alla baita per scaricare le provviste. Scendono tutti ed iniziamo a salutarci ad abbracciarci come se non ci vedessimo chissà da quanto tempo. Qualcuno commenta sulla bruttezza di Poldo ed io l’invito a tornare a casa sua! Mi giro e vedo le provviste per il week-end. Ma quanta roba hanno portato sembra che dobbiamo restare per un mese. E quanto alcool…meno male che siamo isolati così nessuno potrà vedere le condizioni in cui ci ridurremo. Sento da fuori i commenti sulla bellezza della baita e ciò mi fa molto piacere. Tutti ormai sono dentro ma io resto ancora qualche secondo fuori ad osservare la quiete che fino a poco fa mi ha tenuto compagnia. Sorrido ancora una volta al povero Poldo bistrattato da tutti e mi chiudo la porta alle spalle. Entro in casa e mi dirigo verso gli amici che mi aspettano già con un bicchiere di vino rosso in mano. Ho la netta sensazione che sarà un lungo week-end…non di paura certo …ma di grande baldoria! Sorrido a tutti e mi butto nella mischia!

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