sabato 27 giugno 2009

UN'ORA DI LIBERTA'


UN'ORA DI LIBERTA'

Ecco mi sono persa, colpa della fretta che non mi ha fatto guardare bene il numero dell’autobus. Ma dove mi trovo? Scendo e mi guardo intorno cercando una figura famigliare, che non deve essere per forza una persona ma anche un palazzo, una via.

M’incammino non so dove ma mi lascio trasportare dalla fiumana di gente, da qualche parte andrà, no? Alcuni mi sorpassano prendendomi dentro con le loro spalle, ma dove correte tanto il nostro destino è già segnato, non c’è bisogno di anticiparlo.
Arrivo a un incrocio.

E adesso dove vado. Ambarabbà cicci e coccò, va beh mi dirigo a destra c’è un parco con dei cani che corrono, magari mi metto a guardarli. Abbaiano e si rincorrono, sembrano felici, anche se sono dentro ad un recinto che ne limita la loro libertà. Mi guardo in giro, i padroni parlano tra di loro magari raccontandosi come il loro amico fedele è il più intelligente del mondo e ridendo alle marachelle che ha combinato quando era un cucciolo.

Come se capissero che stanno parlando di loro a turno i cani si avvicinano ai padroni scodinzolando.
Ho deciso, mi siedo su una panchina. Scelgo quella più pulita e meno scassata e mi butto sopra. Sento uno strano cigolio ma non cado. Incrocio le gambe e guardo davanti a me, senza metà, nel vuoto. La vista mi si annebbia, chiudo un secondo gli occhi e …

Li riapro, guardo l’orologio sono le 17.45 è un’ora che sono salita su quel tram. Mi alzo a fatica perché oramai, dopo aver tenuto per tanto la stessa posizione, non sento più le gambe. Do un’ultima occhiata al recinto dei cani e faccio il percorso inverso.

Attraverso l’incrocio e mi riporto pari pari davanti alla fermata da dove ero scesa.
Avevo giusto bisogno di un’ora di stop. Di andare dove niente mi ricordasse qualcosa, dove, anche se vicino a casa, mi sentissi dalla parte opposta del mondo.

mercoledì 10 giugno 2009

SUL METRO


Come ogni lunedì, prendevo il metrò per andare dal mio psicologo. M’infilavo le cuffiette nelle orecchie e mi isolavo dal mondo. Il mondo era in quel momento la musica, che suonava a caso nel mio Ipod.

Ogni canzone, aveva i suoi ricordi felici o tristi. Sarebbe stato il caso quindi a decidere di che umore sarei arrivata dall’analista. Come il solito non riuscivo a stare ferma con la musica nelle orecchie, specialmente quando arrivava una canzone rock.

Mentre aspettavo che arrivasse il metro, mi dondolavo sulle gambe e canticchiavo a bassa voce, almeno lo pensavo ma, delle occhiate che mi arrivavano, sicuramente, stavo facendo la solita figura … ma chi se ne fregava, se qualcuno mi avesse detto qualcosa, ero scusata, andavo o non andavo dal terapista?

Avvertii che stava arrivando la metro dal vento che si stava formando.
Mi piaceva mettermi con lo sguardo in corrispondenza dell’arrivo della carrozza e sentire l’aria fresca arrivarmi sul viso. Mi sembrava che il treno mi arrivasse addosso. Non riuscivo a capire con quale coraggio o pazzia, dipende dai punti di vista, la gente si uccidesse buttandosi sotto! Ogni volta scommettevo con me stessa di essere nel punto esatto dell’apertura delle porte e ogni volta ero sempre nel punto sbagliato.
Meno male che non giocavo a soldi!

Aspettai che fosse il mio turno e salii. La carrozza era come il solito piena, gente che dopo una giornata di lavoro se ne tornava a casa. Facce stanche, bianche nonostante fosse passata da poco l’estate. Sì, perché basta un giorno di lavoro per farti perdere il colore e lo smalto dell’estate! La maggior parte, come me, era immersa nei pensieri ascoltando musica.

Era un modo di rifugiarsi in se stessi, anche un modo per non socializzare, perché nessuno attacca bottone con te se stai con delle cuffiette nelle orecchie. Riuscii a mettermi vicino a un palo. Mi appoggiai tenendomelo quasi in mezzo alle gambe. Dopo poco mi resi conto che sembravo una ballerina di lap dance, stavo ballando davanti al palo catturata dalla mia musica. Mi sentii osservata. Un ragazzo mi guardava con un bellissimo sorriso e scuoteva la testa.

Gli sorrisi a mia volta e non curante andai avanti nella mia danza. Sentivo il suo sguardo su di me. Qualche volta lo riuscivo anche a vedere nel riflesso del finestrino davanti a me e giravo lo sguardo verso lui per sorridergli.

Mi misi a suonare la batteria con le dita, stando attenta a non tirare un pugno a nessuno. Una signora seduta vicino all’uscita mi guardava con ribrezzo. “Goditi la vita” mormorai a bassa voce.

Io sono sempre stata dell’idea che se non fai del male a nessuno e vuoi divertirti perché non farlo.

Forse era anche per quello che adesso, andava dallo psicologo … la troppa voglia di divertirsi, il bisogno di provare quello che mi era mancato, la paura che tutto potesse finire da un momento all’altro mi stava portando a sperimentare tutto, a portare il mio corpo al collasso. Dovevo assolutamente recuperare il tempo perso … non sapevo se domani avrei potuto fare ancora quello e allora … si fa oggi!

Non diedi molto caso alle occhiatacce della signora e mi concentrai sul ragazzo che mi guardava.
Alto, moro, magro, non bello ma con un bel viso comunicativo. Ci fissavamo a distanza sorridendoci complici. Io continuando la mia danza, vicino al palo e lui soddisfatto forse, di trovare una persona che se la rideva e divertiva incurante della gente vicina.

Alla prossima fermata purtroppo sarei dovuta scendere. Mi girai verso la porta e quindi anche vicino alla signora, che con aria sdegnata guardava dalla parte opposta.

La metro fece una frenata improvvisa ed io le caddi quasi in braccio. Mi misi a ridere, chiedendo scusa e quando si aprirono le porte, fui la prima a uscire. Camminavo per la banchina agitando le braccia a tempo di musica, quando il treno riprese la sua marcia.

Avevo già percorso dei metri a piedi e non sapevo più qual era il mio vagone, ma quando girai lo sguardo lo vidi, il ragazzo si era spostato verso le porte dell’uscita e i nostri sguardi s’incrociarono per l’ultima volta.

Prima di perderci di vista, lui alzò la mano e sollevò il pollice. Poi lo vidi sparire per sempre. Sicuramente oggi la seduta sarebbe stata divertente, avevo sempre basato l’umore da questo viaggio pre terapia!

venerdì 5 giugno 2009

Blu, mare cielo e motorino


Eccomi, finalmente sono arrivata nella famosissima Mykonos, l’isola del divertimento, la più chiacchierata tra tutte le isole greche! Quando ho detto agli amici che quest’estate sarei venuta qua, tutti mi hanno raccontato le loro esperienze passate e già ancora prima di partire mi è sembrata di conoscerla, l’ho sentita mia, con tutta la sua allegria: Mykonos, isola cosmopolita che accoglie migliaia di turisti ogni anno, famosa anche per i suoi numerosi locali e per le tante discoteche che nei mesi estivi, accendono la notte fino al chiarore dell’alba.
Ancora prima di atterrare mi accorgo che soffia un fortissimo vento perché la poca vegetazione dell’isola si sposta con violenza e l’aereo fa fatica a tenere una posizione stabile. Meno male, almeno non soffrirò di certo il caldo. L’isola al contrario di come me l’ aspettavo non è verde, è abbastanza arida e montuosa. Mi colpiscono le tante chiesette bianche con le cupole rosse e cappelle votive che sono sparse sulle collinette, sembra che neanche le strade riescano a raggiungerle.
Mi ricorda un po’ Lampedusa, anche se lì esiste solo un albero in tutta l’isola.
Profumo di mare, il vento lo fa arrivare alle mie narici. Che bello ho proprio voglia di arrivare subito alla spiaggia e di fare un bagno, anche se sono le sette di sera.
Ho sempre pensato che fosse l’ora più bella per stare in spiaggia, il mare è calmo, la confusione dei bagnanti è terminata e l’acqua è calda. Non che sia importante questo per me perché io faccio il bagno anche con 15 gradi. Il sole che tramonta sul mare rende tutto il paesaggio più bello. Ma quanto ci mette questo pullman ad arrivare al villaggio, su queste strade, un saliscendi, continue curve, quando arriviamo non posso di certo scendere e buttarmi in acqua se c’è da andare a mangiare. Incontriamo lungo il tragitto una marea di persone che viaggiano in motorino e quad, vanno come dei pazzi senza casco e con questo vento che non ti fa stare in strada mi sembrano un po’ folli, ma è il bello della vacanza, fare cose che normalmente non faresti. Mi giro verso mio marito, gli faccio un sorriso come per dire “domani anche noi, eh” e lui mi guarda male, il solito prudente! Finalmente eccoci all’imbocco del villaggio. Guardo la spiaggia, ci sono solo due coppie che giocano a beachvolley e una famiglia che sta raccogliendo le ultime carabattole, per tornare in stanza. Bene, la spiaggia ed il mare sono tutto miei, devo solo sgattaiolare appena si apriranno le porte dell’autobus.
Ma dove ho la testa? Non ho il costume, è tutto in valigia e adesso prima che ci consegnino le chiavi della camera passerà un’eternità! Non mi arrendo, mai arrendersi! Guardo mio marito mostrandogli il più bel sorriso che posso fare e gli dico di aspettare lui l’assegnazione della stanza che nel frattempo io vado almeno a sentire se l’acqua è fredda, se la sabbia è soffice, i tanti se di una bambina vogliosa di mare. Ma lui sa come sono, non ho bisogno di convincerlo. In fin dei conti mi ha sposata anche per questo, per la mia esuberanza infantile. Ogni volta che andiamo al mare lo sa che devo sentire l’acqua e se anche siamo in inverno e non posso toccarla con i piedi senza provocarmi una congestione, devo sfiorarla almeno con la mano. Non c’è nessuno ora in spiaggia, ma io mi sento lo stesso osservata, magari qualcuno mi sta guardando dalla sua terrazza, affacciato a godersi il tramonto e si domanda chi sia quella matta con le scarpe in mano che cammina sul bagnasciuga….ma quante domande che mi faccio, goditi il tuo momento tanto desiderato e non pensare a nessuno, guarda che belle le luci delle barche che escono per la pesca notturna, pensa a come sia rilassante sentire i gabbiani e lo sciabordio delle onde…non pensare ad altro! Accipicchia….mio marito! Vedi che a qualcosa dovevo pur pensare!
“Quello lì blu voglio!” Sull’onda dell’entusiasmo la mattina corriamo a prendere un motorino…blu naturalmente, come il cielo ed il mare di Mykonos. All’inizio decidiamo anche noi di non usare i caschi, in barba alla legge passata da poco tempo in Italia sull’obbligo del casco anche ai maggiorenni, poi quando ci rendiamo conto che il vento ci sposta e i villeggianti ed abitanti dell’isola guidano da far rizzare i capelli (in effetti, le spiagge sono piene di ragazzi con le braccia e le gambe fasciate), ci fermiamo e come bravi scolaretti ci infiliamo i jet. Abbiamo preso la pianta dell’isola alla reception e abbiamo tracciato un tragitto abbastanza semplice, primo per non perdersi e secondo per riuscire a rientrare in tempo per il pranzo. Ci lasciamo le famose Paradise e Super Paradise, le spiagge del divertimento, per un altro giorno, anzi per un'altra ora, la famosa happy hour, l’ora dell’aperitivo, l’ora del casino più totale. Ci dirigiamo così verso una delle decine di spiagge libere, anche se a Mykonos e non so se è un’usanza greca, le spiagge davanti all’albergo o al villaggio sono libere e chiunque può affittarsi il suo ombrellone e sdraio per la giornata. Ma dove sono finiti tutti? C’è pochissima gente in spiaggia. La verità è che la notte si divertono tutti e che la giornata comincia nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio e quindi le spiagge alle dieci del mattino sono ancora deserte. Ci sono, in effetti, delle persone che distese sugli asciugamani dormono ancora, magari hanno passato la notte lì nella tenda dietro al dosso e si sono alzati solo per prendere il posto in prima fila al mare! Sono nudi e non so come mai sono io che mi sento a disagio nell’essere in costume. Mykonos è anche famosa perché ci viene gente da ogni parte del mondo, indipendentemente dalle preferenze sessuali. Ci sono sia coppie maschili che femminili. Bene almeno non mi sento sola.
L’acqua è uno splendore, ancora un po’ fresca, ma a colazione sono stata leggera, solo il famoso yogurt greco con un etto di miele, che mi butto subito, tanto se sto male qualcuno mi verrà a salvare, no?
Il pomeriggio, dopo pranzo, ci dirigiamo verso la città per vedere i famosi mulini a vento e le case bianche. Stravagante ed eccessiva di notte, elegante ed affascinante di giorno. I vicoli, con i bordi delle pietre pitturate di bianco ogni giorno per il passare costante della gente che di notte le cancella, che conducono al porto, si dividono in una ragnatela tutta da scoprire e da capire. Quante volte sono passata davanti allo stesso negozio giurando che di lì non eravamo mai passati. Decido che sinistra è la via del ritorno ma ancora una volta sbaglio, ma le donne non avevano un sesto senso? Sì, ma forse per altro. Ci ritroviamo nella piccola Venezia, pochi locali, pub e taverne affacciate direttamente sull’acqua arredati con colori brillanti con la vista sui cinque famosi mulini, che simboleggiano l’isola, anche sulle cartoline illustrate. C’è un simpaticissimo cane, tipo spinone, che ci segue e che si butta tra le onde appena arriviamo davanti alla spiaggia. Mi metto a ridere. Mi ricorda tanto me stessa e così gli scatto un paio di foto ricordo. Più della metà delle foto del viaggio sono dedicate alla moltitudine di gatti che popolano l’isola ed io da brava “gattara” cerco di non perdermene neanche uno. Rientriamo nella via principale: ovunque si trovano taverne tradizionali, ristoranti con cucina locale ed internazionale, pub e discoteche tutte chiuse però. La vita in città inizia più tardi e si passa quindi dalla quiete più assoluta al caos, dove se ti perdi di vista un secondo ti lasci trasportare dall’onda della gente e ti ritrovi dall’altra parte della cittadina in un batter d’occhio. La notte, lo scopo della permanenza è spendere, fare salotto, ballare, trasgredire. Infatti, basta prendere uno dei mille volantini che cercano di rifilarti per non perdersi l’ultima festa organizzata della serata, ma mi sono accorta che a noi non lo danno mai, magari abbiamo la faccia da pantofolai. Anche i pellicani, famosi in tutto il mondo per essere gli stessi ancora in vita conosciuti dal primo turista dell’isola, uno di questi il fotografatissimo Pedro, ma quanto vivono i pellicani, qualcuno lo sa… di giorno se ne stanno all’ombra di un albero al riparo dalla calura, ma di notte sono vispi come pipistrelli, anche loro si lasciano coinvolgere e trasportare dall’atmosfera festosa e libertina della città. Ma come, nel pomeriggio erano solo quattro e adesso ne ho già contati otto è possibile che siano più veloci di me a spostarsi dal porto al parcheggio del bus!
Giusto, il bus affollatissimo e con orari assurdi per l’isola, alle 23 ultima corsa. Ma come, tutto qua vive per la notte e tu mi togli uno dei mezzi di trasporto! Non ho mai capito se esistessero dei posti fissi dove aspettarli tranne un vero e proprio capolinea, o fine corsa, perché l’autista si fermava quando vedeva qualcuno al bordo della strada che gli faceva un piccolo gesto anche con un solo dito della mano, magari erano amici che raccattava ogni sera anche solo per dieci metri. Nella linea di pullman che abbiamo preso quando i motorini non erano disponibili, il guidatore aveva messo, attaccato al parabrezza, il poster della squadra di calcio della Grecia vincitrice degli ultimi Europei. Non ci credo ancora che sia successo, la Grecia, ma chi giocava, non mi viene in mente neanche un giocatore famoso, si forse si non c’era un tale che giocava nell’Inter,? Boh! La guardavo ogni volta e mi sembrava che fosse passata un’eternità, ma era successo solo l’anno prima. Il fatto era che il poster aveva perso i suoi colori originali e quindi sembrava di guardare una vecchia fotografia in bianco e nero ricordando tempi passati, lontani, con nostalgia e sicuramente per quel che riguarda i greci, secondo me, la consapevolezza che la storia non si sarebbe ripetuta presto.
Tra bus e motorino l’isola non ci scappa, giriamo ogni posto percorribile e visitabile in lungo ed in largo, su e giù e non sono due parole buttate a caso. Se non ci siete stati non potete capire le tante salite fatte dove il motorino in due arranca e le discese col freno tirato cui ci siamo dovuti abituare subito. Beh se devo essere onesta io in discesa scendevo e raggiungevo mio marito di corsa per non rischiare di cadere, beh invece in salita lui dava la colpa al mio peso perché il motorino non ce la faceva ed allora scendevo lo stesso. Secondo me si vendicava per tutte le volte che gli ho fatto sbagliare strada. Alla fine di una di queste interminabili discese, fatte da me al trotto, per dimostrare che ero in piena prestanza fisica, si trovava una delle due famosissime spiagge: Super Paradise. Parcheggiamo il motorino dove troviamo spazio, cioè ad un km di distanza, per la moltitudine di veicoli che ci sono. Già da quella distanza si sente il riecheggiare della musica, mi guardo in giro e vedo che nelle vicinanze ci sono anche delle case, ma come faranno a dormire mai questi la notte se alle sei del pomeriggio c’è già questa confusione! Ogni bar della spiaggia ha la sua musica, ogni locale il suo deejay che anima la festa con damigelle che ballano sui tavoli. Si sente odore di birra, di vino, di qualsiasi cosa sia alcolico e anche io non sono da meno e mi butto nella mischia con la mia birra in una mano e con l’altra tengo il tempo come tutti sopra la mia testa… in gergo, mano a paletta. Le birre diventano tre ma cosa importa l’atmosfera è di divertimento puro, momenti di pura follia si mischiano a sensazioni forti al limite del collasso, beh qualcuno è anche collassato ma l’importante è che in questo momento lo faccia lontano da me, ma non per menefreghismo ma perché potrei seguirlo a ruota. Quando lasciamo senza più forze il paese della cuccagna mi trovo a domandarmi come facciano tutte quelle persone a resistere tutte le sere in quelle condizioni. Bisogna avere un fisico “bestiale”, dosare le forze giorno per giorno per reggere una vacanza di alcool e musica a tutto volume, bisogna magari essere meno pantofolai…ma cosa dico, proprio io che da più giovane stavo in discoteca fino a mattino e bevevo come una spugna! Già mi sono risposta da sola, da giovane, non che sia già passata di età ma ormai quando è da un po’ che non trasgredisci perdi l’abitudine e forse hanno fatto bene i miei amici a visitare Mykonos da studenti, quando ancora tutto era permesso, e comunque quando il fisico reggeva ancora una bottiglia di birra, una caipirinha, un bicchiere di vino ed una vodka…se ci penso mi viene la nausea, adesso. Sono tornata da poco da Mykonos, ma il mio cuore è rimasto lì, sole, mare divertimenti. Divertimenti si, anche se non sono stata capace di sfruttarli al meglio. Mi preparo, adesso lo so… sarà per la prossima volta!