mercoledì 10 giugno 2009

SUL METRO


Come ogni lunedì, prendevo il metrò per andare dal mio psicologo. M’infilavo le cuffiette nelle orecchie e mi isolavo dal mondo. Il mondo era in quel momento la musica, che suonava a caso nel mio Ipod.

Ogni canzone, aveva i suoi ricordi felici o tristi. Sarebbe stato il caso quindi a decidere di che umore sarei arrivata dall’analista. Come il solito non riuscivo a stare ferma con la musica nelle orecchie, specialmente quando arrivava una canzone rock.

Mentre aspettavo che arrivasse il metro, mi dondolavo sulle gambe e canticchiavo a bassa voce, almeno lo pensavo ma, delle occhiate che mi arrivavano, sicuramente, stavo facendo la solita figura … ma chi se ne fregava, se qualcuno mi avesse detto qualcosa, ero scusata, andavo o non andavo dal terapista?

Avvertii che stava arrivando la metro dal vento che si stava formando.
Mi piaceva mettermi con lo sguardo in corrispondenza dell’arrivo della carrozza e sentire l’aria fresca arrivarmi sul viso. Mi sembrava che il treno mi arrivasse addosso. Non riuscivo a capire con quale coraggio o pazzia, dipende dai punti di vista, la gente si uccidesse buttandosi sotto! Ogni volta scommettevo con me stessa di essere nel punto esatto dell’apertura delle porte e ogni volta ero sempre nel punto sbagliato.
Meno male che non giocavo a soldi!

Aspettai che fosse il mio turno e salii. La carrozza era come il solito piena, gente che dopo una giornata di lavoro se ne tornava a casa. Facce stanche, bianche nonostante fosse passata da poco l’estate. Sì, perché basta un giorno di lavoro per farti perdere il colore e lo smalto dell’estate! La maggior parte, come me, era immersa nei pensieri ascoltando musica.

Era un modo di rifugiarsi in se stessi, anche un modo per non socializzare, perché nessuno attacca bottone con te se stai con delle cuffiette nelle orecchie. Riuscii a mettermi vicino a un palo. Mi appoggiai tenendomelo quasi in mezzo alle gambe. Dopo poco mi resi conto che sembravo una ballerina di lap dance, stavo ballando davanti al palo catturata dalla mia musica. Mi sentii osservata. Un ragazzo mi guardava con un bellissimo sorriso e scuoteva la testa.

Gli sorrisi a mia volta e non curante andai avanti nella mia danza. Sentivo il suo sguardo su di me. Qualche volta lo riuscivo anche a vedere nel riflesso del finestrino davanti a me e giravo lo sguardo verso lui per sorridergli.

Mi misi a suonare la batteria con le dita, stando attenta a non tirare un pugno a nessuno. Una signora seduta vicino all’uscita mi guardava con ribrezzo. “Goditi la vita” mormorai a bassa voce.

Io sono sempre stata dell’idea che se non fai del male a nessuno e vuoi divertirti perché non farlo.

Forse era anche per quello che adesso, andava dallo psicologo … la troppa voglia di divertirsi, il bisogno di provare quello che mi era mancato, la paura che tutto potesse finire da un momento all’altro mi stava portando a sperimentare tutto, a portare il mio corpo al collasso. Dovevo assolutamente recuperare il tempo perso … non sapevo se domani avrei potuto fare ancora quello e allora … si fa oggi!

Non diedi molto caso alle occhiatacce della signora e mi concentrai sul ragazzo che mi guardava.
Alto, moro, magro, non bello ma con un bel viso comunicativo. Ci fissavamo a distanza sorridendoci complici. Io continuando la mia danza, vicino al palo e lui soddisfatto forse, di trovare una persona che se la rideva e divertiva incurante della gente vicina.

Alla prossima fermata purtroppo sarei dovuta scendere. Mi girai verso la porta e quindi anche vicino alla signora, che con aria sdegnata guardava dalla parte opposta.

La metro fece una frenata improvvisa ed io le caddi quasi in braccio. Mi misi a ridere, chiedendo scusa e quando si aprirono le porte, fui la prima a uscire. Camminavo per la banchina agitando le braccia a tempo di musica, quando il treno riprese la sua marcia.

Avevo già percorso dei metri a piedi e non sapevo più qual era il mio vagone, ma quando girai lo sguardo lo vidi, il ragazzo si era spostato verso le porte dell’uscita e i nostri sguardi s’incrociarono per l’ultima volta.

Prima di perderci di vista, lui alzò la mano e sollevò il pollice. Poi lo vidi sparire per sempre. Sicuramente oggi la seduta sarebbe stata divertente, avevo sempre basato l’umore da questo viaggio pre terapia!

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