domenica 24 gennaio 2010

NON SONO PAZZO



No, non sono pazzo! Ho solo bisogno di sfogare in qualche modo il nodo in gola che mi fa soffocare. Prendo uno spillo e mi pungo un braccio. Non sento molto. Decido allora per un coltello e m’incido leggermente la carne. Dopo poco inizia ad affiorare del rosso e piano inizia a uscire del sangue. Ecco adesso si che mi sento vivo. Lo guardo finché non si è asciugato poi senza neanche pulire, esco da casa e vado al lavoro. Una telefonata dietro l’altra, tutti che si lamentano di tutto. Il capo che urla, il collega che si lamenta della moglie. Non ce la faccio proprio più. Io sorrido a tutti, non dico mai di no a nessuno e cerco di appianare i diverbi.

Sono di nuovo a casa, mi spoglio e guardo il mio braccio. Il sangue non c’è più. Mi guardo allo specchio. Che brutta faccia che ho. Gli occhi sono infossati e sotto ho delle occhiaie nere. La mia pelle è gialla e le labbra sono livide. Se non sapessi di essere vivo, in questo momento penserei di essere morto.


Vedo la lametta. Decido di farmi la barba. Non mi metto neanche la schiuma e inizio a radere. Mi riavvicino allo specchio ma la mia faccia è sempre pallida. Faccio un altro passaggio di lametta sulla guancia sinistra e mi taglio. Il sangue scende copioso e sgocciola sul lavabo. Mi riavvicino allo specchio. Con un dito mi disegno delle righe di sangue sul viso. Mi allontano. Adesso si che mi sento vivo, tutto questo rosso mi da la carica. Accendo l’acqua calda della doccia ed entro per riprendermi. Esco dopo mezz’ora ma non mi vedo allo specchio perché il vapore l’ha appannato. Mi preparo la cena e vado a letto, dopo aver letto due pagine di poesie.


La mattina seguente, mi vesto velocemente ed esco nel traffico. Sono immerso nei miei pensieri e non mi accorgo che il semaforo è diventato giallo. Quello davanti a me ha inchiodato e lo tampono. Mi sveglio dal torpore dei pensieri ed esco a vedere i danni. L’altro autista m’investe di parolacce e mi mette le mani addosso. Lo prego di calmarsi, la mia assicurazione sistemerà tutto e mi scuso per il disturbo arrecato. Dopo aver perso più di mezz’ora per le pratiche, riparto in direzione dell’ufficio. Sono in ritardo. Arrivo di corsa ma sono investito dalle urla del capo che mi dice che aveva bisogno di me, prima, proprio quando non ero presente. Mi siedo alla mia scrivania e sempre immerso nei miei pensieri, arrivo fino all’orario di uscita.


Finalmente a casa. Ho comprato un pollo. Vado in cucina e tiro fuori i coltelli per tagliarlo. Sono affilati perché settimana scorsa li ho dati all’arrotino. Passo il dito sulla lama. ATTENZIONE sono pericolosi se scappano.

Prendo il pollo e lo dispongo sull’asse. Con un taglio netto lo apro in due. Tolgo l’interiore, le mani si sporcano di sangue. Le guardo affascinato. Non sono pazzo.
Riprendo il coltello per tagliare il petto. La lama mi scappa perché, con le mani sporche, non ho la presa salda. Sento del caldo. Mi guardo e mi accorgo che mi sono inciso un polso. Il sangue cade copioso. Il pavimento si sporca.


Rimango a osservare le gocce sul bianco delle piastrelle. Bianco, rosso. Che bel contrasto. Il bianco, un colore da morte, il rosso un colore così vivo.
Inizio a sentirmi debole, dovrei andare al pronto soccorso, sto perdendo troppo sangue ma non riesco a distogliere lo sguardo da tutto quel rosso. Mi sento debole, le ginocchia mi si piegano e cado per terra. Mi siedo e allungo le gambe dentro la pozza. Mi sento felice, per la prima volta in vita mia. Chiudo gli occhi, ho freddo.


Non sono pazzo, sto morendo lo so ma io sono tranquillo, non sto soffrendo. Il rosso, il sangue, il colore della vita mi sta uccidendo. Sorrido. Prendo il coltello che è caduto per terra e mi guardo riflesso nella lama. Sono bianco, il colore della morte si è già impossessato di me. Lo butto. Le forze mi stanno lasciando definitivamente, faccio a tempo a scarabocchiare qualcosa col dito sporco su una piastrella rimasta ancora bianca e piego la testa definitivamente per accogliere la morte.

Non sono pazzo!

AL BUIO



E’ tutto buio qui, ma continuo a camminare con cautela. Il buio non mi rassicura per niente, non sai mai chi potrebbe esserci davanti a te, ma anche dietro. Un agguato alle spalle, che paura … ma perché mi sono messa a pensare a questo, accidenti a me!
Provo ad allungare le mani ma non tocco niente, provo allora ad aprirle lateralmente cercando una parete o qualcosa cui possa attaccarmi per proseguire.

Ma come sono finita qui, non me lo ricordo neanche. Non trovando appiglio da nessuna parte, proseguo avanzando un piede alla volta. Mi sento tanto un cieco in questo momento, come fanno loro tutta la vita a stare nel buio e non vedere le cose belle che il mondo ci mette davanti tutti i giorni. Loro hanno un sesto senso quando camminano, perfettamente in grado di evitare sedie e altri ostacoli. Hanno l’abilità di percepire la presenza di alcuni oggetti nell’ambiente pur senza vederli.
Nonostante ciò camminano con un bastone per trovare gli ostacoli davanti a loro. Io non ho un bastone ma, tengo le mani davanti per evitare questi fantasmi che si pareranno davanti a me.

Faccio pochi passi quando mi sembra di avvertire una presenza vicino, che mi sia venuto il sesto senso anche a me? Non so se parlare o stare zitta. Sento freddo, questo posto è anche umido ed io non so perché ma sono solo con una canotta. “C’è qualcuno?” mi faccio forza e rompo il silenzio. Faccio un altro passo e qualcosa mi sfiora il viso. Mi fermo terrorizzata. Che cosa sarà stato, allora c’è veramente qualcuno qui con me. Respiro per tre volte e poi prendo coraggio: mi agito davanti a me come una forsennata per vedere di riuscire a toccare qualcosa o qualcuno. Niente, il nulla intorno.

Faccio un altro passo e sento come una voce vicino al mio orecchio sinistro. Decido che è solo la paura che mi sta facendo impazzire, il buio non può sempre vincere su di me, è una fifa che mi porto avanti da quando ero bambina. Ora proverò a camminare più decisa e così magari giungerò prima alla fine di questo calvario.
Avanzo con passo deciso, sembra che io sappia dove andare. A un certo punto vedo una luce, prima molto lontana, fioca. Stringo gli occhi per vedere se non è frutto della mia fantasia, poi all’improvviso la luce, si fa abbagliante. Ma cosa cavolo è stato!

Mi sveglio. Di fianco a me c’è mio marito che mi guarda con faccia allucinata. Mi ha appena letteralmente strappato la mascherina per dormire dalla faccia. Lo guardo interrogativa. “Stavi sognando, mi picchiavi. Ho provato a svegliati delicatamente, prima sfiorandoti il viso, poi chiamandoti piano all’orecchio ma, non c’è stato verso”. Lo guardo ancora più con perplessa. “Alla fine quando ho visto che non ti svegliavi con le buone, sapendo che la luce ti fa svegliare, ti ho levato la mascherina.”

Ma come era solo un sogno quello che stavo facendo. Mi giro lo guardo e gli sorrido. Ruoto verso la porta e osservo la stanza, un posto che conosco bene, accogliente e caldo tutto il contrario di dove mi trovavo prima. Prendo la mascherina, la lancio per aria e la osservo cadere piano perché è leggera e il tessuto fa resistenza nell’aria. “Basta di questa non ne ho più bisogno, preferisco la luce!”

martedì 19 gennaio 2010

ASPETTANDO IL TRENO


Mi sono seduta su dei binari ad aspettare. Non che passi il treno ma che mi torni la voglia di continuare questo viaggio, che qualcuno ha deciso non fosse una semplice passeggiata. Mi viene in mente adesso un detto di Will Roger che dice: anche se sei sul binario giusto, vieni travolto se resti fermo seduto lì. Ma io sono stanca e quindi mi prendo tutto il tempo che ho bisogno. Se il mio tempo coinciderà con il passaggio del treno, vorrà dire che il mio viaggio sarà terminato.
Chiudo gli occhi. Sento il vento che mi entra nella camicia e mi vengono i brividi. Non ho mai sopportato il vento ma in questo momento sembra che sia il mio unico compagno e che con il suo soffiare mi sproni a continuare. Forse non l’ho mai amato proprio perché lui non può essere fermato, va sempre avanti anche quando trova sul suo cammino un sacco di ostacoli, mentre io più volte ho pensato di mollare tutto. In realtà non sopporto che riesca dove io fallisco.
Il binario è gelato, come il mio cuore in questo momento. Se ci si lascia andare, il buio prende il sopravvento e, dove fino a cinque minuti fa c’era calore, si trova solo ghiaccio. Appoggio la testa tra le gambe e inizia a scendere una leggera lacrima da un occhio. Uno dei due ha deciso di resistere e non mostrare, come al solito, la sua debolezza. Lascio che la lacrima mi arrivi sulle labbra per sentire il sapore salato. Il sale della vita.
Sento un rumore e alzo la testa, poi l’abbasso per vedere da dove arrivi: una lucertola è sbucata dalla sterpaglia e cammina indifferente a me, sul binario gelato. Attenta, le dico, che se arriva il treno ti schiaccia.
Per un secondo si ferma, come disturbata dalla mia voce o magari solo per dirmi: attenta a te cara!
Mi rimetto in posizione fetale per scaldarmi un po’, ma in lontananza sento un fischio. Inizio a tremare, ma non è il mio corpo che trema per paura, è il movimento del terreno che mi fa tremare. Il fischio si fa sempre più vicino e a questo punto capisco che qualcuno ha deciso che oggi finisca il mio viaggio. Il mio destino mi sta venendo incontro velocemente ma io ho ancora bisogno di riposare, ancora un po’, non posso andarmene. Chiudo gli occhi. Oramai manca poco lo sento.

Fiuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu


L’aria mi fa volare all’indietro. Il treno è passato sul binario vicino al mio. Resto inebetita per un’ora guardandolo sparire all’orizzonte. Quando finalmente mi sembra di aver riposato abbastanza, mi alzo, pulisco i pantaloni e pian piano riprendo il mio cammino.
Qualcuno oggi ha deciso che il mio viaggio dovesse continuare, mi dico. Poi mi giro e riguardo il posto, dove ero seduta. Il binario finisce proprio, dove ero io. Oggi ho deciso che il viaggio debba continuarlo, mi sono presa solo una pausa di riflessione.

lunedì 18 gennaio 2010

LETTERA AD UN BAMBINO MAI AVUTO


Ciao,
ecco già la partenza non è che sia il massimo. Non so neanche se nella mia mente saresti stato un maschietto o una femminuccia. Per il mio carattere forse, avrei preferito un maschio ma la complicità che poi si crea tra due donne, è diverso, quindi anche una femmina non sarebbe stata male. L’importante che non fossi il contrario di me; io non ho mai accettato da piccola il fatto di essere una femmina e mi comportavo di conseguenza come un maschiaccio. Niente gonne, capelli corti (se per questo lo faccio ancora adesso) e non giocavo mai con le bambine. Ecco se avessi avuto una femmina con la f maiuscola, non mi sarebbe molto piaciuto. Anche se poi queste sono tutte cretinate. Comunque torniamo a te. Ho tantissimi dubbi sul fatto di come mi sarei comportata, e mi scuso, anche se non ho fatto un bel niente, ma lo so avrei di certo commesso un’enormità di errori. Sarei riuscita a mettere la mia voglia di protagonismo davanti alle tue esigenze? Sarei stata capace di capire le sue necessità, quando ancora ho problemi con le mie? Ti avrei amato più della mia anima?
Con la scusa che non stavo ancora bene, non ho mai pensato ad adottare un bimbo. Egoismo puro, perché oramai avevo trovato un equilibrio nella mia vita di coppia e non volevo sconvolgerlo. Quando ho deciso per la via più radicale per l’intervento e alcuni amici contemporaneamente aspettavano i loro primi figli, sono stata gelosa di loro e ancora adesso mi succede. Non so se poi è giusto chiamarla gelosia, è più non aver provato, non provarlo e anche se ne avessi voglia non poterlo fare. Ho sognato un sacco di volte prima di tutto il casino, come avrei detto a mio marito che stava diventando papà e questo è molto ridicolo perché io non ho mai avuto il desiderio di maternità. Lo so sono un controsenso vivente. Diciamo pure che mi comporto come la volpe e l’uva!
Ecco dopo averti detto questo, chissà cosa starai pensando della tua mamma, meno male che non sono capitato tra le tue grinfie! Dai non sono poi così male, sembro dura ma non lo sono. Ho una mancanza di affetto che non so da dove arrivi, ma sono sicura che ne avrei dato un sacco a te. Sarei riuscita a mettere da parte le mie sofferenze per capire le tue? E’una domanda che mi sono già fatta prima ma, stavolta rispondo. Ne sono convinta, non c’è una persona più brava di me in questo; vedi la tua mamma è anche molto modesta!
Non so cosa aggiungere d’altro, questa lettera non so neanche perché l’abbia scritta. L’ultima cosa che posso dire è che gli amici mi considerano una brava persona e quindi magari sarei stata anche una discreta mamma.
Un baciotto sulla guancia.
La tua mamma.

domenica 17 gennaio 2010

PENNA BIANCA


(dedicato al cane che ho adottato a distanza dalla LAV)

Sono stato trovato all’inizio di luglio dalle Forze dell’Ordine all’interno di una recinzione alla periferia della città. Le mie condizioni sono sembrate subito disperate, ero in stato di avanzata denutrizione, arrivato ad un peso di appena 20 kg. Per essere un Pit Bull di 8 anni, maschio ero proprio conciato!

Dopo i primi soccorsi, sono stato trasferito in un centro di recupero dove fin dal primo giorno ho mostrato tutta la mia aggressività, conseguenza dei maltrattamenti subiti e all’addestramento finalizzato al combattimento. Mi hanno assegnato subito un nome, Penna Bianca, sarà per quelle buffe macchie bianche che mi circondano il muso… ma se è per questo hanno proprio sbagliato!
Sono passati pochi giorni dal mio arrivo al centro, le giornate si svolgono per me in modo tranquillo…in che modo, penserete, beh l’importante è che mi lascino stare da solo perché sono ancora imprevedibile, difficile e passo da momenti di tranquillità a momenti in cui reagisco a qualsiasi stimolo esterno interpretandolo come possibile pericolo tornando improvvisamente aggressivo.

Così mi hanno insegnato, tutto è nemico, tutto è da mordere fino alla morte! Mi sono accorto di non essere l’unico cane nella struttura, sento il loro odore, saranno amici o nemici? Ci sono maschi e soprattutto femmine, il mio naso non mente anche se una parte di esso ha perso gran parte della sensibilità a causa di un morso di un Mastino Napoletano. Ho iniziato un corso rieducativo, ma non ho molta voglia di dar retta alle cose che mi chiedono.

Mi sto impegnando con gli esercizi al guinzaglio, ubbidisco abbastanza all’educatore, ma nel momento in cui vengo lascito libero nell’area di “sgambamento” non cerco il contatto con le persone, piuttosto mi dirigo ad ispezionare il territorio che mi circonda e cammino con passo sicuro e testa alta. Durante le ultime mie passeggiate solitarie, si è unita una cagnolina che mi segue a debita distanza. Io non ho ricercato la sua compagnia e quindi non faccio nulla per avvicinarla.

Però a pensarci bene non mi da neanche troppo fastidio la sua presenza, ciò forse è segno che sta svanendo la mia aggressività nei confronti di altri cani o…no non ci voglio pensare Matilde è una bastardina, non c’è niente in lei che mi piace! Mi dirigo verso il mio angoletto preferito, in cui c’è un bel cespuglio dove accucciarmi, che mi ripara dalla calura estiva e lei si accuccia qualche metro a distanza da me. Non mi guarda, finge indifferenza, ma appena accenno a rialzarmi, come per magia si rialza anche lei. Non si è accorta che io sono un cane dominante, che non accetto la compagnia di altri animali? Più i giorni passano e più io riacquisto il mio peso e la mia bellezza, anche se ho sempre mantenuto il mio portamento elegante e fiero.

Sicuramente è per questo che Matilde non mi lascia mai solo, sono il cane più bello del centro. Oggi, alla mia solita passeggiata lei non ha partecipato e io per la prima volta mi sono sentito solo. Vecchia Penna cosa ti sta succedendo, il tuo cuore si sta ammorbidendo troppo? Ma sì, Matilde tutto sommato è dolce, socievole, ubbidiente, giocosa, perché fare finta che non esista, quando poi noto tutte queste cose di lei? Sono passati diversi giorni e di Matilde non ho fiutato neanche più l’odore, ma cosa sarà successo, sembrava che di salute stesse bene, anzi era proprio in piena forma si vedeva ad occhio nudo, pelo bello, occhio vispo e lucido coda sempre in movimento.

Mi sa che mi toccherà fare un po’ di lega con altri animali per sapere cosa è successo alla mia Matilde. Mia Matilde? Ma….ma cosa sto dicendo, volevo dire cosa è successo alla cagnolina in questione. Ho saputo da vie traverse, senza sbilanciarmi troppo che Matilde ha finito il suo periodo di recupero ed è stata affidata alla sua nuova famiglia. No…non ci posso credere, che bello, che tristezza! Non la potrò più vedere, non mi seguirà più nel mio giro nel prato. Sono stato duro come al mio solito, non ho mostrato un minimo di interesse in lei, non l’ho neanche annusata una volta dietro alla coda! Basta così ho imparato la lezione a mie spese.

D’ora in poi cercherò di cambiare il mio carattere, diventare più socievole, ubbidiente ed affettuoso verso gli altri, anche cani, perché se dovesse tornare, la mia Matilde sicuramente si accorgerebbe dei miei miglioramenti e ne sarebbe fiera. Oh, Matilde!